"Poesie e sculture si incontrano nell’opera di Victoria Dragone e Bernarda Visentini. Un elegante libro in cui scultura e poesia si incontrano con una regia attenta e tutta al femminile. Victoria Dragone e Bernarda Visentini vivono a Tarcento, ma sono cittadine dello spazio e del tempo, l’incontro dei loro talenti ha originato davvero una gioia per gli occhi e la mente. Il libro riprende un format molto usato da Victoria Dragone che ha già pubblicato le sue poesie a commento delle opere d’arte di Giovanni Patriarca, Massimo Scifoni, Giorgio Celiberti, Matteo Massagrande e un’altra scultrice Angela Micheli. Oltre che di poesia, la letterata italo romena si è occupata anche di critica d’arte con i due volumi de L’anima del dipinto, in cui ha espresso le sue sensazioni e le sue personali letture di numerosi artisti contemporanei. Alla scultrice Bernarda Visentini aveva dedicato queste lungimiranti considerazioni «L’artista è una ricercatrice di vestigia archeologiche, in cui le testimonianze archetipiche parlano di un’antica spiritualità delle origini dell’uomo, delle esistenze nell’universo. E tramite il linguaggio delle figure totemiche, dei segnali antropomorfi, zoomorfi o vegetali o con gli elementi fondamentali della natura ricostruisce simboli immutabili della vita. Le “iscrizioni su stele” sono sintesi della metamorfosi delle specie; i movimenti oscillatori sono ritmi di creazione impressi nelle onde, nella linea sinuosa delle lucertole, dei pesci, dei serpenti fino a ispessirsi in strutture geometriche, astratte raffigurazioni di sagome umane. I blocchi di cemento si trasformano, si allungano, si allargano, si spaccano, si moltiplicano tagliati da una “mano” visionaria che incastra dentro effigi di una perpetua energia vitale, catene di segni, labirinti, accenni di tratti umani o di alberi fossili, ipnotici occhi di civette sapienti e assidui osservatori, cerchi appiattiti dal movimento centrifugo, segnati dai simboli del creato. La materia prende forme monolitiche componendo sagome di donne slanciate e graziose di una bellezza classica simili ad anfore e cariatidi. Le sculture, delicatamente impreziosite con dei colori di pigmenti naturali, sono leggere e levigate, come fossero portate dalle maree del tempo, accarezzate dall’incessante fluire delle acque, prosciugate dall’alito del vento, vitalizzate dai raggi del sole, incantate dal mistero della luce lunare….L’atmosfera ambientale in cui la scultrice vive e lavora porta il segno dell’essenzialità, quando la semplicità è l’espressione della sintesi di sentimenti e pensieri.» Le sculture variano molto di misura: dai Menhir che sfiorano i due metri alle sculture dalle dimensioni più contenute. Ai Menhir, le steli dai misteriosi significati cosmologici del mondo nordico si ispirano la scultrice e la poetessa, che così si esprime: «Pietre lunghe con il cuore nascosto/ nelle culture millenarie/ presenze disperse, intense testimonianze/ con i simboli del passaggio dell’uomo/ tracce di volti, segnali di potenza e di fertilità,/ dritti nella pioggia, nella neve e nel vento/ col passato inciso sul corpo martellato./ La solitudine dei megaliti regalo all’umanità». (Menhir) Le sculture sono eseguite in pietra, ma spesso sono realizzate in cemento dalle superfici lavorate, in cui parti ruvide e levigate si alternano, evidenziate dalla luce anzi sono «la voce muta degli antenati diventata luce». (Nascita) Il monocromo lascia spazio a delicate colorazioni ad acquerello. Le forme scultoree suggeriscono le parole e importanza assumono i materiali e i colori, specie i rossi che evocano il sangue e dunque la vita intesa come «insanguinata lotta tra il buio morente e l’inizio del giorno». (Sipari di nebbia) Spesso le delicate sculture di Bernarda Visentini richiamano le terrecotte raffinatissime di Giancarlo Ermacora, che imprimeva sulle superfici le tracce degli oggetti e quindi del tempo. I decori sono spesso bassorilievi a spirale, meandri, labirinti, nodi desunti dall’arte primitiva e che così Victoria canta «Impronte, labirinti, tracce di vento/ nella ricerca delle forme, delle simmetrie/ di equilibri e di proporzioni, l’intuito/ dell’uomo nell’ordine e nelle geometrie.» (Spirali) Secondo Victoria questi decori quadrati, rettangoli, cerchi , rombi spirali sono un ponte con il passato, un messaggio da tempi remoti ed esprimono «il bisogno di lasciare tracce, di svelare/ l’anonimo, di esprimere l’astuzia/ della mente e la poesia nascente/ nel cuore/ rimaste tutte nella memoria della pietra/ che vince le traversie dei mortali.» (Messaggi da lontano) I graffiti sulle pietre diventano «la risposta dei morti, degli annegati/ dei dispersi». (L’onda) Il recupero dell’arte primitiva è fondamentale nella scultura contemporanea nella ricerca di comuni forme elementari e sintetiche come le teste di Modigliani, le figure di Alberto Viani così simili agli idoli cicladici o l’opera di Costantin Brancusi essenziale e legata alla cultura romena, così bene conosciuta da Victoria Dragone, che lo cita proprio a proposito delle sculture di Bernarda Visentini, affermando che «Si crea artisticamente solo nell’equilibrio e nella pace interiore». Antichi risvegli è proprio una delle migliori testimonianze di questo raggiunto equilibrio tra scultura e poesia, che si riflettono specularmente rimandando la statue ai versi e viceversa. Tra le due artiste nasce una Complicità, titolo di un’opera e di una poesia, evidenziata dalle sculture abbinate, figure femminili di gusto preellenico, ma anche raffinate testine. « Vite parallele – scrive Victoria in Danubiani - ci lega il mistero, la necessità, la seduzione» dell’arte e della bellezza, siamo «due metà incompiute nell’unità perenne». Le sculture diventano allora «sentieri che portano all’anima dell’arte, delle parole, dei canti». (Il corpo della dea) Le delicate testine della scultrice sono definite da Victoria «…volto di pietra addormentato nella memoria dei tempi, puro e levigato agli sguardi». (È sparita Afrodite) La poesia di Victoria Dragone procede per antinomie e composizione degli estremi che si compensano «…giorno e notte/ gioia ed affanno/ acqua e fuoco, futuro e passato/ ombra e luce, metà complementari./ Simboli delle armonie nascoste… » (Dea Bicefala) E i versi trovano figurazione efficace nelle sculture bifronti, diverse e complementari dell’amica. Victoria è infatti attratta dai ritmi ciclici delle onde e della luna «segno/ dell’eterno senza fine», rappresentato da Bernarda nel serpente che si addenta la coda, l’uroboro simbolo esoterico del perpetuo rinnovamento cosmico. Victoria Dragone così coglie con la sua poesia i valori ancestrali e gli archetipi rappresentati dalla scultrice: «…sento l’alito degli antenati/ pulsare senza voce/ lungo le vie del passato./ Sono testimoni senza storie/ dimenticati nel profondo delle crepe/ scoperti dalla fuga dello scalpello/e liberati» (Nella carne sezionata della pietra) e ancora «Le pietre hanno memoria/ assorbono la voce dei suoni/ e pesano i passi leggeri,/ i passi pesanti, la fuga per gioco,/ l’incontro, la paura, la lotta,/ il traguardo, l’arrivo la ferita/ del martello, del fuoco, del tempo…» (Le pietre insanguinate) Nonostante Victoria abbia una gestualità calda e coinvolgente, la calma e la quiete suggerita dalle sue poesie e dalle sculture senza tempo di Bernarda nascondono una inquietudine sottile nella solitudine dell’universo, tipica del poeta e di chi medita sull’esistenza. «Trovo l’ancestrale calma dei lontani antenati…ma dentro, senza preavviso, si sviluppa nel silenzio il germe della distruzione». (Trovo l’ancestrale calma). Le forme preferite dalla scultura di Bernarda Visentini sono le figure femminili delle dee madri, travolta profilate come vuoto su pieno in una dimensione bidimensionale, e degli animali mitici come gufi e civette, accumunati dall’importanza data agli occhi, che sembrano ipnotizzare le artiste. Gli occhi di gufi e civette guardano «un mondo strano rovesciato nei valori…enigma dei misteri» (Enigma) come è diventato il mondo quotidiano, sempre più incomprensibile. Gli occhi, come la bocca, gli orecchi sono misteriosi «…simboli opposti del bene e del male ambivalenti soprannaturali» (Gli occhi della civetta) in fondo «specchi delle anime che cercano e incontrano» che esprimono immagini e pensieri, domande, rimproveri, amore. (Dee occhio). Assieme alle dee madri dei primordi mediterranei che non giudicano e sanno che «per amare basta rimanere presente nell’anima, nel pensiero della mente» (Dea madre a Vlasta), l’archetipo della scultrice e della poetessa rimane la civetta «Magica profetessa che penetra il buio/ con la vista acuta, onniveggente,/ ha un occhio aperto verso la luce…l’altro occhio è aperto verso il regno/ maligno, verso la notte e il buio…Due misteriosi occhi, simboli opposti/ del bene e del male/ ambivalenti/soprannaturali»."

prof. Gabriella Bucco – Victoria Dragone Poesie, Bernarda Visentini Sculture, Antichi risvegli, Toffoletti, Tarcento 2015, pp.105 euro 15.