Stasera mi capita di parlare di due persone che, come molti di voi sicuramente hanno conosciuto, hanno avuto la stessa esperienza artistica: Giancarlo e Bernarda. E non capita spesso di mettere in dialogo artisti che sono presenti con artisti che sono mancati troppo presto. Questo è un caso secondo me eccezionale, nel quale noi siamo in grado di vedere concretizzarsi un dialogo come se Giancarlo fosse ancora qui. In realtà le opere di Bernarda Visentini e di Giancarlo Ermacora sembrano quasi effetto di incontri artistici avvenuti ben 25 anni fa! Loro hanno avuto occasione di conoscersi nello stesso humus culturale tarcentino.
Questa rassegna ci porta a discutere della materia sulla quale Giancarlo ha lavorato moltissimo da scultore, da ceramista, anche sulle varie dimensioni dell'arte applicata, sulle medaglie e sui più vari materiali, passando dai metalli al legno e alla pietra, ottenendo consensi critici da parte di autorevoli studiosi quali Tito Maniacco ed Elio Bartolini.
Invece Bernarda ha sviluppato una ricerca che è andata in direzione di un approfondimento su un particolare tipo di cemento che lei utilizza come se fosse creta, come se fosse gesso, come se fosse una materia plasmabile, malleabile in termini assolutamente creativi. Siamo tutti radunati intorno a questa Grande Madre: è una scelta felicissima dal punto di vista dell'allestimento perché siamo qui a compiere oggi esattamente quello che millenni fa facevano coloro che adoravano le divinità femminili, cioè rendere omaggio alla Grande Madre Terra generatrice.
Qui vedete delle uova, simbolo ed esito dell'atto fecondativo sempre uguale, ma sempre diverso, esattamente come sempre uguale e sempre diverso è il corso del Tagliamento cui fa riferimento la dedica della mostra. Bernarda lavora moltissimo sulla reinterpretazione degli archetipi primitivi, sui totem ancestrali che sono l'espressione umana più antica. Per questo ha avuto una ricca serie di premi ottenuti in tutta Italia e all'estero, e soprattutto i riconoscimenti anche di coloro che lavorano su questi temi come Emanuel Anati ed Ermanno Arslan, autorità assolute nel settore. In generale, tutto quello che realizza ha una coerenza con la contemporaneità e con la capacità di ricrearsi e di reinventarsi.
Lo stesso discorso vale anche per Giancarlo che ha una matrice contemporanea molto precisa e inconfondibile che si evince dall'osservazione delle stele in mostra e delle opere Universo (a parete) e Uovo cosmico. Giancarlo ricerca la forma nelle accezioni più varie e diversificate: in ognuna c'è un'impronta particolare, una differenziazione, un'unicità, c'è il percorso che porta ad esempio l'Uovo cosmico a liberare un'energia e una vitalità che sono completamente diverse da quelle di un'altra creazione, perché ogni processo vitale è contemporaneamente uguale, ma allo stesso tempo unico e irripetibile. Quindi nella ciclicità della vita c'è anche la singolarità di ogni gesto, di ogni opera, di ogni creatura.
Il dialogo tra Bernarda e Giancarlo è anche un dialogo tra opposti, è un dialogo tra cielo e terra, tra passato e presente, tra pieno e vuoto, tra positivo e negativo. I due artisti hanno ritenuto utile suscitare la nostra riflessione attraverso il gesto e i simboli. Aldilà dell'esito finale, aldilà del mi piace - non mi piace, cosa significano, ad esempio, le coppelle su alcune opere in mostra? Ognuno è chiamato ad interrogarsi su di esse, presenti ovunque fino all'Età del Ferro, perché non è naturale ritrovare in una performance artistica un esito di questo genere. E allora nell'interpretazione viene spontaneo risalire a quelli che sono i gli archetipi. Sono elementi antichissimi, in particolare quelli che erano destinati ad accompagnare il viaggio verso l'aldilà. Erano decorazioni che avevano evidentemente un effetto apotropaico e servivano ad allontanare il timore dell'ignoto, la paura di quella dimensione dalla quale non si torna.
E allora è estremamente interessante vedere attraverso il dialogo dei due artisti che noi stiamo in qualche modo evocando chi ci ha lasciato un segno per ricongiungerci a lui anche quando non c'è più fisicamente, ma continua ad esserci con il suo messaggio. Lo vediamo soprattutto nella prima sala che celebra l'ancestralità della vita. Nella seconda sala, invece, si ragiona sul fatto che esiste nella natura, nella vita e nell'uomo una pulsione a resistere, a persistere e anche, se volete, a rinascere. Si ha qui la percezione della trascendenza, della Dea Madre che restituisce la vita e l'evocazione della rinascita si fa suono. Qui si raggiungono i vertici dell'ossimoro. L'ossimoro è l'avvicinamento tra due cose che apparentemente non hanno nulla a che fare: in questo caso la scultura ed il suono. La scultura e la musica sono due forme d'arte che dovrebbero essere agli antipodi. Flauti e tamburi sia di Bernarda che di Giancarlo in dialogo fra loro si fanno percussione, rumore, ritmo vitale, pulsazione che da una materia fissa non ci si aspetterebbe mai. Allora proviamo ad ascoltare le sculture e troveremo lì dentro contemporaneamente suoni di tamburi africani, melodie di flauti nordici e probabilmente anche l'imperituro gorgoglio del Tagliamento.
prof. Tomada Walter - presentazione "Imperiture", settembre 2025